I PRIMI PIATTI

Sicuramente in questa categoria si trovano i piatti della nostre radici piu' antiche. Come dice Braudel, il grano e' per i popoli mediterranei la "pianta della civilta'" (come il riso in Oriente e il mais nelle Americhe). L'alimentazione dei romani era basata sui cereali, mentre quella dei barbari aveva nel maiale, e in genere nella carne, il riferimento principale. Fin dall'antichita' si pone cosi una contrapposizione grano-olio-vino contro carne-burro-birra che segna ancora oggi la gastronomia europea.

Nell'antichita' questa contrapposizione si caricava di significati piu' complessi. Per la civilta' romana, di origini agro-pastorali, era quasi ovvio considerare i frutti della terra come il primo e il piu' alto dei valori alimentari. Per i barbari nomadi e cacciatori, la carne era il simbolo stesso del guerriero: l'immagine del combattente valoroso coincideva con quella dell'uomo capace di ingurgitare quantita' enormi di cibo e di bevande.

L'alternativa cereali-carne rappresenta una costante della storia gastronomica e dipende, come ricorda Braudel, dalla numerosita' della popolazione. Un ettaro di bosco pu• nutrire due maiali, mentre un ettaro di frumento da' rese almeno triple rispetto alla semente utilizzata, anche con la bassa produttivita' medievale. La messa a cultura rappresento' quindi una scelta coatta. Lo sfruttamento dei boschi rimanenti, e quindi della selvaggina, rimase al principe, mentre l'alimentazione quotidiana delle classi povere e medie veniva a
basarsi sempre di piu' sui cereali. Il che significa che se siete di stirpe latina e di non nobile lignaggio, avete la pasta iscritta nel vostro DNA in modo indelebile.

La diffusione della pasta apri' nuovi orizzonti ad un'alimentazione che rischiava di vedere prevalere polentine poco entusiasmanti (i derivati della puls latina). Le origini della pasta non sono cinesi, come taluno crede, ma arabe. La tria diffusa in Sicilia fin dal Duecento era una pasta ottenuta mescolando farina e grano e lasciata seccare all'aria per essere consumata anche successivamente (Montanari e Benporad). Per quali motivi, gli arabi non abbiano sviluppato questa meravigliosa scoperta nella loro cultura gastronomica rimane
un mistero: forse erano sospettosi di una preparazione nata fuori dalle tradizioni coraniche e in luoghi che pullulavano di infedeli. Qualunque sia la ragione, e' sperabile almeno che si rendano conto di quello che si sono persi.

Solo a partire dal Seicento il consumo della pasta secca si diffuse in modo significativo. In precedenza, la pasta era consumata solo fresca, in quanto tale destinata ai pochi fortunati che disponevano della servitu' per confezionarla o, per tutti gli altri, limitata alle occasioni in cui le donne erano libere dal lavoro dei campi: quindi poche feste comandate. Si noti fra l'altro che l'uso del grano duro (piu' nutriente) consenti' di evitare i danni della pellagra
che furono invece particolarmente consistenti nelle regioni in cui, a partire dal Settecento, prevalse il granturco e la polenta.

La pasta per eccellenza era il maccherone, termine dall'origine controversa, probabilmente da far risalere al piatto latino (macco, l'antico pur‚ di legumi) nel senso che come questo l'impasto dei maccheroni viene 'schiacciato, ammaccato' come il frumento per trarne la farina. Va anche ricordato che nelle farse atellane della latinita' arcaica c'era la maschera dello sciocco ghiottone, Macco, e che 'maccherone' ha sempre signidficato 'sciocco'.

Secondo Guarnaschelli-Gotti, la prima apparizione della parola si trova in un inventario dei beni di un uomo d'arme genovese (Ponzio Bastone, 1279) nel quale compare una "barixella plena de macharonis". Per comparire in un inventario doveva trattarsi di pasta secca conservabile, un particolare molto importante. La parola 'maccherone' compare molto spesso nella letteratura italiana, a cominciare da Boccaccio, ma a significare gnocco, cioe' un impasto fresco, totalmente diverso dal maccherone nel senso nostro. Curioso osservare che anche gnocco abbia nella tradizione popolare il significato di 'sciocco'.

Il contributo dei napoletani alla diffusione dei maccheroni fu decisivo: l'invenzione del torchio meccanico (avvenuta in occasione di una crisi alimentare), consenti' di ridurre decisamente i costi di produzione e apri' definitivamente la strada al consumo popolare. Non si sa se furono i napoletani a unire per primi i maccheroni al pomodoro; si sa perche' questa unione sacra fu celebrata solo agli inizi dell'Ottocento, quasi cinque secoli dopo
l'altro connubio fondamentale, quello con il parmigiano grattugiato.

Benche'‚ sia oggi il piatto nazionale, la pasta sino alla fine dell'Ottocento non risultava fra i cibi piu' diffusi. Nell'Inchiesta agraria al parlamento di fine secolo, si legge che nella zona del napoletano "raramente sono usate le paste e molto piu' raramente la carne". Nella provincia di Trapani ne viene registrato il consumo solo nei giorni di festa" (La Cecla 1998). "Polente, zuppe, minestre del paiuolo lente e lunghe, hanno costituito da sempre
l'alimento dei contadini. (Camporesi, cit. in La Cecla, p.19). Era il pane l'elemento primario, essenziale, fondamentale. I napoletani vengono chiamati "mangiafoglie" (i lombardi "mangiarape").

Insomma, la pasta in Italia c'era, ma non era un cibo cosi' diffuso e cosi' a buon mercato (La Cecla, p.21). Ma era pasta fresca, fatta in casa, per le ricorrenze festive.

Cosa diffonde la pasta? Il fatto che la pasta secca, che era gia' conosciuta agli arabi, si industrializza. La Cecla, p.25 "Emilio Sereni, nel suo saggio sulla storia dell'alimentazione a Napoli, ci desrive l'incredibile rivoluzione alimentare consistente nel passaggio ai maccheroni". Passaggio (graduale) a partire dal 600, dovuto all'aumento della popolazione e alla impossibilita' di assicurare in un'alta concentrazione urbana i rifornimenti per garantire una dieta a base di verdure fresche e carne. "Questa manifestazione del genio napoletano, nella soluzione di un complesso problema logistico, annonario ed economico, non e' stata del tutto spontanea, ma si e' prodotta sotto lo stimolo e la pressione di un progressivo aggravamento della miseria napoletana". "A parte il loro contenuto in sostanze idrocarbonate di alto valore energetico, e' vero, i maccheroni forniscono (in proporzione sensibilmente superiore a quella del pane) materie plastiche (sotto forma di proteine vegetali) che non possono totalmente surrogare quelle della carne. Il condimento della pasta col formaggio - che gia' nella seconda meta' del '600 e' quello ormai quasi esclusivamente
prevalente - assicurava tuttavia un supplemento di proteine animali e di grassi che faceva a rigore del piatto di maccheroni un pasto completo in se stesso". L'Unita' d'Italia crea il presupposto per "tirare a Nord la coperta del Mediterraneo". Si diffonde la pasta e dopo il pomodoro p.30 "La nuova cucina artusiana e' debitrice dell'ingresso trionfale del pomodoro a quella che potremmo chiamare cucina risorgimentale.. p.31 "Dobbiamo a Camporesi l'intuizione della centralita' della figura di Pellegrino Artusi nell'operazione di fine '800 mirante a costituire l'unita' simbolica degli italiani passando per la loro tavola. Occorreva qualcuno che volesse fare delle tante cucine locali, regionali, domestiche una sintesi e una riduzione. Per inventare una cucina 'italiana' nazionale occorreva un'opera di astrazione delle vere cucine locali e di costruzione di uno stereotipo fatto di pezzi di varia provenienza".

Su questo si innesta un altro grande miracolo, che e' la grande varieta'. La Cecla p.99 "Certo, l'Italia della fine del secolo scorso e dei primi cinque decenni del nostro era un paese in cui molti stentavano a trovare di come nutrirsi. Ma non e' incredibile che una volta innescato il sistema industriale alimentare della pasta secca, questa non viene prodotta in due o tre tipi, ma in seicento. La cultura della poverta' in Italia e' spessissimo una cultura della varieta', mille tipi di pani, mille tipi di cottura e mille tipi di pasta e di pizze ed e' molto piu' barocca di quanto una lettura piattamente razionalista e funzionalista sia stata capace di rilevare dalla nostra storia recente. [.]La pasta e' uno schiaffo all'essenzialita', il contrario preciso del minimo indispensabile, la soluzione al poco con la varieta', non con la monotonia".
Aggiungo io: e' l'Italia dei mille comuni e dei mille dialetti!


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